Canzone d’autore e suoni “vintage-pop”, una miscela musicale di preziose gocce blues, soul, folk, rock e con sentori mediterranei. Lui è DANIELE SARNO, cantautore romano trasferitosi a Grosseto. Nonostante la lunga gavetta live alle spalle è al suo primo album che, quasi per scaramanzia, ha un titolo che riporta ad una chiusura: CEDESI ATTIVITÀ ARTISTICA AVVIATA (Isola Tobia Label).
Musicalmente si odono echi di vari artisti, da Sting a Lucio Dalla, ma volendo anche Christopher Cross, con una strizzata d’occhio alla “scuola romana” degli anni Novanta con quell’inconsapevole ateneo che è stato “Il Locale” di Vicolo del Fico, dove Sarno ha iniziato la sua avventura di musicista.
I testi sono costruiti con lavoro certosino: un intarsio di concetti, metrica, suono, rime. Non c’è nemmeno un racconto, una storia: “sono semplici riflessioni – dice Sarno -. Non c’è inizio o fine e neanche una morale, c’è solo la voglia di fermare il fluire dei pensieri nell’attimo in cui mi hanno dato conforto”. Ed è proprio il conforto il filo conduttore dell’album “che descrive solo quei momenti di lucidità, in cui capisci che tutto ’quadra’ anche se è immerso nel caos”.
Il disco è prodotto artisticamente da Piergiorgio Faraglia e da Francesco Saverio Capo, che ne firma anche gli arrangiamenti. Ci sono le poderose e puntuali chitarre del primo, un marchio di fabbrica, e l’eleganza e la precisione del basso del secondo che ha anche messo in luce le sue qualità di polistrumentista.
“Non avrei potuto desiderare di meglio che lavorare con loro, in uno studio (il Ten People Town Studio di Colle di Sellano, in Umbria ndr) lontano dai soliti canoni asettici, ma con la visuale su una vallata avvolta dalla nebbia la mattina e inondata di sole a pranzo, con i gatti a ronfare sugli ampli”.
“Piergiorgio – racconta – mi ha quasi costretto a suonare nel disco: non sono un chitarrista tecnico, ho un modo tutto scompo sto di portare i brani, ma su questo mood sbilenco è stato costruito il resto, con rispetto e pazienza. Saverio si è assunto il ruolo (e la responsabilità) di sarto sopraffino, di confezionatore, a volte ha anche rigenerato pezzi di pelle: mi ha dato consigli e la possibilità di riscrivere intere parti di testo (provate a toccare il testo a un cantautore e vedrete la sua pena), rendendole più fruibili, più incisive”.
Il risultato sono dieci brani eterogenei ma legati da un linguaggio sonoro e lirico uniforme. “CEDESI ATTIVITA’ ARTISTICA AVVIATA” TRACCIA DOPO TRACCIA
(La guida all’ascolto di Daniele Sarno)
1 – Cammina – Autoanalisi di fronte allo specchio del camerino, il “never give up”, non mollare mai, contro ogni logica. Forse è il viaggio lo scopo ma non ci sono né mappe né navigatore. C’è una bussola che spesso bussa inascoltata, alcuni la chiamano cuore. C’è sempre un posto dove andare e non puoi fermarti prima.
2 – Mongolfiera – La filastrocca della vecchia mongolfiera col telo patchwork, il balloon della Musica che è stato rammendato mille volte, però ancora vola e sorvola tutto e tutti, orgogliosa e fiera di ogni cicatrice visibile e di tutte quelle invisibili. Nei cori si distingue la voce di mia figlia Emma, solo per questo è un capolavoro.
3 – Propaganda – “Propaganda” è una parola diretta che incute rispetto. Se si facesse lo sforzo di farla solo schioccare fra i denti, ci si renderebbe conto che è una parola meravigliosa, che contiene una propulsione che invita a fare e dare. Quando si fa propaganda, ci si mette la faccia portando in giro le proprie idee, qualsiasi esse siano. Solo una manciata di domande senza risposte…
IL VIDEO – https://www.youtube.com/watch?v=JlI8lLT8OUI
4 – Abbastanza – Il distacco, quello consapevolmente scelto, è la delizia di pigrizia in cui affondi, con cui ti arrabbi, con cui giustifichi ogni cosa. Una canzone di disamore, senza scampo se non quello di attraversare il dolore dato e ricevuto ed espiare tutto per non provare più male.
5 – Cedesi attività artistica avviata – Una radice scoperta: mia madre che stende le lenzuola sul terrazzo e canta una nenia in dialetto romano. Lontano, il Terminillo innevato. Quando ho cominciato a scrivere il pezzo, mi sono domandato cosa avrei fatto di un brano così diverso dagli altri, a chi potevano interessare le paturnie di un canzonaio di insuccesso, sotto forma di canzone popolare. Sottovalutavo la forza di un brano folk e il periodo storico di serrande abbassate, di cartelli di attività chiuse lungo le vie. È come se avessi metabolizzato quel senso di fallimento e poi l’avessi ridisegnato attraverso i miei filtri. Saverio ne ha esaltato la dimensione agrodolce, col basso puntato come un tango, ma rimane ’na stornellata stupenda e a lieto fine. Quando ho appuntato sul taccuino “…ma non la cedi mai l’attivita…” sapevo che sarebbe diventata la title-track del disco.
6 – Una porta di gioia – Anni fa, uno di quei giorni d’estate quando c’è già la luna alta tonda un po’ eterea, ma ancora il sole non è tramontato. Una Emma piccola mi rotola vicino e mi fa: “guarda Babbo (è nata in Maremma, le è concesso chiamarmi Babbo) c’è la luna ripiena!”. La luna ripiena! sono stupefatto ma voglio indagare: “…ma Emma, la luna ripiena di cosa?”. “…oh Babbo (con la manina sul fianco) ma la luna è ripiena di sole!!”. Rido, arriva Mattia, l’altro mio figlio, mi guarda… “che ridi? hai aperto una porta di gioia…”. La gioia è qualcosa con cui da adulti perdiamo dimestichezza, non ci meravigliamo più tanto o comunque non in modo continuo e naturale come i bambini. Prendo il taccuino e mi appunto queste due frasi, conscio che prima o poi le utilizzerò in una canzone, che parlerà di loro, di stupore, di una porta che si apre piano per poi spalancarsi, perché è ora che rientri la luce e invada tutte le parti in ombra.
7 – Sono grande – In casa mia esisteva un rituale che solo mio padre, o un adulto convenzionato, poteva eseguire: il taglio a spicchi della mela a fine pasto. L’uso del coltello era qualcosa di demandato a anni futuri insondabili, quasi come guidare la macchina. Scrissi la canzone durante l’attesa di mio figlio Mattia nel 2003 e mantiene ancora intatta tutta l’emozione. In studio ha subito un piccolo restyling di struttura e lo special è scivolato in chiusura prima del solo. L’iperbole si chiude con l’ultima frase che racchiude il succo (di mela) di essere adulti.
8 – Le fate – Adoro i giochi di parole, quando sono utili ad un significato. Il secolo scorso ci ha proiettato in un mondo tecnologico, relegando le creature dei miti a superstizioni e favole, ma la magia, la spiritualità è qualcosa che ci appartiene e ci affascina più dei personal device che continuiamo a percepire estranei, esterni. Il palese omaggio ai Police non è solo musicale, ma anche per tematiche trattate.
9 – Battimuro – Quando ci si accorge di essere in un loop di gesti e modalità di comportamenti, dai quali non si riesce ad uscire, già si è cominciato ad evolversi. Questo impasse non ha sbocchi, se continui a trovare i giusti “però” per ogni cosa. La risoluzione, la vera rivoluzione è abbattere il muro o fermarsi e aggirarlo o semplicemente andarsene.
10 – Quadra – Ora di pranzo a Colle di Sellano (Perugia), Il TenPeopleTown studio è arroccato su una collina con altre tre case in tufo. Io sono appollaiato su uno sgabello e provo in cuffia un arpeggio complesso di una mia canzone, la preferita di un caro amico. Sono solo con il suono cristallino dello studio. Domani suono a Roma e così mi sto ripassando questo arpeggio… È il brano della solitudine, di quando passeggi a braccetto con la solitudine, quando nel caos più totale appare un senso, una logica, senza senso nè logica, ma qualcosa quadra. Sono sempre stato molto soddisfatto di come io abbia trasferito quella sensazione in una canzone. Il brano però non fa parte (ancora) della track-list dell’album. Comincio a sentire le note di un pianoforte e poi l’elettrica effettata con l’E-bow (un laser che la fa suonare come una tastiera), apro gli occhi e Saverio è al piano concentratissimo sulle mie dita e Piergiorgio, seduto in un angolo con la fender, ride di cuore… Finisco il brano e Saverio esclama: “…e questa?”. “La stavo provando per il concerto di domani…”. “No, questa la mettiamo nel disco, anzi questa è la chiusura!”.
CREDITS
Produzione artistica: Piergiorgio Faraglia, Francesco Saverio Capo
Registrato da Piergiorgio Faraglia al Ten People Town Studio di Colle di Sellano, PG
e da Francesco Saverio Capo al Tiny Huts Studio, Roma.
Mixato da Mirko Cascio al Laptop Studio, Roma
Mastering Massimiliano Nevi Bitbazar, Roma.
Foto di copertina Nanni Rossetti
Grafica Daniele Sarno
Testi e musica Daniele Sarno
tranne Cammina, Propaganda, Sono grande di Sarno/Capo
Una porta di gioia, battitura di Sarno/Capo/Faraglia
Arrangiamenti di Francesco Saverio Capo
tranne Mongolfiera, Abbastanza, Quadra di Sarno/Capo/Faraglia/Manuri
Daniele Sarno: voce, cori, chitarra acustica
Piergiorgio Faraglia: chitarra elettrica, chitarra acustica
Francesco Saverio Capo: basso elettrico, chitarra elettrica, chitarra acustica, pianoforte, tastiere, rullante, percussioni, cori, programmazione, editing
Giosuè Manuri: batteria, percussioni
Andrea Di Pilla: tromba (02) (04) (05), flicorno (05), cori (09)
Vanda Rapisardi: cori (03)
Emma Sarno: cori (02)
CHI E’ DANIELE SARNO
Daniele Sarno è un cantautore romano attualmente residente a Grosseto.
Negli anni ’90 frequenta il “Locale” di vicolo del Fico, il tempio di quella che verrà chiamata “nuova scuola romana”. In questo inconsapevole ateneo affina e personalizza il suo stile. In quel periodo scrive musica e testi per il teatro e si esibisce col suo gruppo ElicaZero, che annovera Fabio Rondanini alla batteria e Fabrizio Termignone al basso.
Nel 2001 collabora con Bungaro e firma il brano “Kanzi” per il primo album di Patrizia Laquidara, “Indirizzo portoghese”. Dall’estate del 2004 comincia un’intensa attività live, ma è tre anni dopo che fonda la DanieleSarnoTriade con Fabrizio Termignone al basso e Dario Esposito alla batteria, per proporre nei club il nuovo repertorio inedito.
Nell’estate 2010 vince il “Fuorimetrica Festival” di Genova e con la “Fuorimetrica Eventi” gira il nord Italia nei club in trio acustico con Gabriele Paperini al contrabbasso e Roberto Gatti alle percussioni.
Nel 2011 ha proseguito i live in duo con lo stickista Lazarus Cappadona, promuovendo lo Stick (strumento ibrido a corde). Per la parte ritmica ha modificato un cajon suonandolo con i piedi. Ed il feetcajon è oggi una delle sue peculiarità. Nel 2012 prepara il “dasolotour” con l’ormai collaudato set: feetcajon, basso e chitarra.
Con Michele Scuffiotti è l’ideatore, a Grosseto, di edicolAcustica, una rassegna per dare spazio al ricco sottobosco della canzone d’autore maremmana e non.
Nel 2015 dà vita al progetto “smartsong”: 9 canzoni inedite per 9 settimane, registrate con lo smartphone chitarra&voce e diffuse attraverso whatsapp, reclutando fan a cui inviare i brani solo attraverso il tam-tam dei social.
Dal 2016, porta in giro lo spettacolo “il racCanto (storie sparse di un canzonaio di insuccesso)”, dove in ordine quasi cronologico esegue brani inediti e cover che hanno segnato la sua vita, racCantando anche le storie intorno alle canzoni del primo album “Cedesi attività artistica avviata”.